giovedì 1 settembre 2011

E stanotte, saranno state quasi le cinque

E stanotte, saranno state quasi le cinque, mi è capitato nuovamente ciò che un tempo mi capitava spesso: non è che abbia avuto un'erezione perché mi sono svegliato ma mi sono svegliato perché era sopraggiunta un'erezione inconciliabile col sonno del giusto. Càpita. A posteriori ho psicanalizzato l'erezione impertinente e ne ho dedotto che in realtà derivava da una scena che avevo fugacemente visto la sera prima su Rai3, durante un film in cui Alberto Sordi si addormenta su una spiaggia e al risveglio scopre che attorno a lui sono tutti nudi (e dice al suo vecchio accompagnatore l'immortale frase: "Perché spogliarsi? Lei già fa schifo vestito").

Lì per lì non ci ho pensato ma nel mio inconscio la scena ha scavato fino a ritrovare una frase che la mia Drenka/Salomé/Anais, vestale padrona e puttana come da auto-definizione, aveva scritto proprio all'altezza del punto in cui sono arrivato a trascrivere qui la nostra corrispondenza: "Tipo che l'ultima volta in vacanza piuttosto presto abbiamo dovuto rinunciare a spiagge e campeggi nudisti perché anche quando eravamo diciamo a riposo, in momenti abbastanza neutri, spesso l'avermi intorno gli procurava un'erezione poco compatibile con la socialità".

A parte che è proprio per una frase come questa che ancora oggi rimpiango di non essere (più) il legittimo moroso della suddetta, la mia risposta cercava di essere più ampia ma inevitabilmente doveva partire da lì:

Mi si è conficcata nella mente l'immagine di te e del tuo fidanzato nudi in spiaggia, che trovo ancora più eccitante non conoscendo lui ma comunque immaginandolo inadeguato di fianco al tuo corpo (lo sarebbe qualsiasi uomo o quasi). Ho intrecciato l'esposizione della vostra pelle, con tu che mostri la tua fica al sole e lui che cerca di contenere l'erezione inopportuna, al momento più erotico della giornata di ieri, purtroppo accaduto soltanto nella mia mente iperattiva, e che mi ha lasciato fino a ora con una domanda insoluta: quanto è consapevole una donna del suo corpo, della maniera in cui lo mostra e della scelta del pubblico a cui mostrarlo?


Ieri pomeriggio in libreria stavo cercando dei libri su John Milton e la disposizione alfabetica degli argomenti faceva sì che capitassi di fianco a una rientranza in cui erano sistemati dei libri su Dickens, nella cui rentranza una studentessa stava cercando a uno a uno i volumi corrispondenti alla bibliografia che aveava in mano e su cui segnava via via delle crocette con una penna blu. Aveva il volto un po' quadrato, di severa dolcezza, e vicino all'incrocio fra sopracciglio e naso un piccolo ammanco di carne, un impercettibile quasi vezzoso sfregio. A un tratto, per scrivere più comoda, s'è seduta su uno sgabello posto nella rientranza e così facendo s'è chinata in avanti, restando a sfogliare libri in quella posizione mostrandomi (per mostrarmi?) i seni - abbondanti, generosi, da madre acerba - che fuoriuscivano dalla notevole scollatura. Ho preso un libro che peraltro mi interessava davvero e sono rimasto così, a leggerlo tenendo un occhio fisso oltre la pagina, dritto nel solco delle sue carni. La cosa è durata una ventina di pagine. Poi lei s'è alzata, ha pagato ed è andata via senza guardarmi.

E ora, a considerare i pochi centimetri di distanza fra il mio piede e il suo, mi viene da tirare testate nel muro dell'ufficio perché rimpiango di non averci parlato, come sempre, di non averci provato come avrebbe fatto il vero vecchio me (mi sa che quando mi dai del porco ci metti un po' troppa fiducia, un po' troppo ottimismo). Sono rimasto lì a chiedermi quanto fosse volontario il gesto di sedersi reclinata in avanti (così come mi chiedo quanto fosse volontaria la scelta di invitarmi a pranzo mettendosi una minigonna molto mini fatta troppi anni fa dalla Ragazza che mi piace) e ho capito che la mia tristezza, ormai un po' troppo stabile per i miei gusti, deriva da un desiderio più grande della singola occasionale scopata con una sconosciuta: vorrei poter approcciare una donna con la libertà di poterle dire che ha un seno fantastico, o che chi se la fotte è un uomo fortunato, senza che questo desti scandalo né scompiglio; vorrei che poter tornare a sera dalla fidanzata e raccontarle che sono stanco perché una passante ha voluto assolutamente farmi un pompinio, e chiederle se mentre ero al lavoro sono venuti i suoi amici a guardare con lei il porno che le avevo consigliato; vorrei che il tuo fidanzato possa mostrare in giro tutte le erezioni che vuole quando sei di fianco a lui.

Voglio insomma una rilassata libertà simile a quella postulata da Catherine Millet nel libro di cui ti avevo detto e che spero tu abbia nel frattempo letto altrimenti significa che parlo al vento. Più passa il tempo più ritengo inutile e noiosa la gente con cui ho mediamente a che fare, e a furia di isolarmene per divergenza di idee e argomenti il sesso è l'unica piattaforma sulla quale posso instaurare una comunicazione, e non riuscirci è inevitabile solitudine come quando lei se ne va e tu resti con un libro su John Milton in mano.

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