lunedì 12 settembre 2011

Stanotte ho sognato la Statua

Stanotte ho sognato la Statua. Si tratta di una giovane donna che conosco da parecchi anni e attorno alla quale si è progressivamente venuto a costruire il mio ideale estetico di donna: un fisico statuario, appunto, con capelli biondi lisci e occhi verdi, lineamenti poco regolari ma messi insieme nella maniera giusta (tipo Uma Thurman, insomma), così da risaltare in una bellezza potenzialmente sconvolgente perché difficile da afferrare e comprendere, nel contrasto con una cura maniacale per i dettagli e la capacità di non farsi mai sorprendere fuori posto nell'acconciatura, nel trucco, nell'abbigliamento e negli accessori. La Statua è la donna assoluta, per certi versi.

Ho sognato che fosse seduta alla mia sinistra. Eravamo in ciò che sembrava un'automobile ferma e io avevo difficoltà a contenere l'entusiasmo del trovarmela di fianco: un misto di sorpresa per la sua presenza (per ragioni logistiche non la vedo quasi mai), di gioia per la sua bellezza, di timore per la sua intoccabilità, di eccitazione animale per la sua sensualità. Alla fine, solo alla fine del sogno, ho trovato il coraggio di allungare la mano in una carezza che dal volto è scesa fin sotto ai suoi vestiti, fino al suo seno più lontano di cui saggiavo il capezzolo. Mi sono svegliato di soprassalto, mezzo soffocato da un'erezione.

Non trovo casuale che, stando alla posizione in cui eravamo seduti in quest'ipotetica automobile, lei risultasse alla guida. Nel nostro rapporto comanda lei, che ha deciso di farsi ammirare senza concedersi. Lascia che la riempia di complimenti via mail o via sms, ora incoraggiandomi a continuare ora non rispondendo. E' una sfinge del corteggiamento. Le mando regali o fiori (io! regali! fiori!) ai quali reagisce con composta degnazione, promette sempre di accettare un invito a cena che non sembra poter arrivare mai.

L'avevo sognata solo un'altra volta in vita mia, molto tempo fa. Me l'ero ritrovata direttamente a letto, col corpo nudo e candido come se fosse di soffice marmo. Ma lei non mi consentiva di raggiungerla, e più la vicinanza si faceva promettente più la distanza benché minima si faceva intollerabile. Mi concedeva solo di masturbarmi in onore della sua bellezza. Ricordo ancora la macchia giallastra sul lenzuolo.

Toccandola stanotte ho avuto la sensazione di avere infranto un tacito patto di purezza e mi ha assalito un senso come di sgomento, di paura per cosa sarò (in)capace di fare con lei.

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