lunedì 5 luglio 2010

Da ieri sera sono a C***

Da ieri sera sono a C***, città in cui ho trascorso sei mesi in altri e più felici tempi, che ho amato e ricordato in ogni dettaglio, e dalla quale mancavo da sette anni. Sono qui per lavoro ma, appena posso, riescoa sgattaiolarmene e tornare a vedere i luoghi che mi sono rimasti, più di altri, attaccati al cuore. Trovo molto facile orientarmi, camminare senza mappa, ritrovare le impronte che le mie scarpe avevano lasciato e che credevo perdute per sempre prima che il caso mi riportasse qui. Ieri notte, prima di coricarmi, non ho resistito a una passeggiata nel centro deserto. Tutto era lì dove lo avevolasciato, così come l'avevolasciato; ne ho trattola piacevole impressione che gli edifici avessero trascorso gli ultimi sette anni ad aspettarmi.

In una strada laterale ho ritrovato anche un grande e luminoso caffè di cui conservavo un ricordo vago e delocalizzato. Era qui, dunque, che venivo a leggere con la Migliore Amica nei pomeriggi in cui volevamo nasconderci dal noswtro gruppo o dagli altri turisti. E' qui che oggi sono tornato appena ho potuto, con in tasca il libro che sto leggendo, ed è da qui che ti scrivo stavolta. Non per fare il sentimentale, ma sarebbe gradevole che una delle due poltrone vuote attorno a me fosse occupata da te.

Invece sono vuote. S'è appena svuotata anche la poltrona di fronte al mio sguardo, sulla quale era rimasta per due ore a scrivere fittamente in un quaderno rosso a quadretti una signorina dal fascino inquietante. Aveva un'orrenda borsa piumata e i capelli rasati quasi a zero, un viso forse troppo rotondo ma dai lineamenti sereni e regolari che contrastavano con la profondità inquieta degli occhi azzurri.

Io l'ho guardata a lungo, fra una pagina e l'altra, e studiandone i movimenti ho notato che anche lei di tanto in tanto mi lasciava cadere addossoun'occhiata che immediatamente, scoprendosi osservata, dirigeva altrove. Ha mostrato interesse esplicito versodi me soloquando ho posato il mio libro sul tavolino per andare a versarmi un po' d'acqua. Allora ha acuminato lo sguardo per cercare di capire cosa stessi leggendo, sforzandosi di decrittare il titolo sul dorso del libro: La... La vie... La vie sexuelle de Catherine M.

Catherine Millet non è come me l'ero immaginata, non è una Melissa P invecchiata e patetica; sembra, almeno fino al punto in cui sono arrivato, una donna brillante che nutre verso il sesso una curiosità estesa e profonda al contempo. Fa la critica d'arte ed è passata attraverso orge a oltranza, in cui essere in tre era compagnia ed essere in centocinquanta divertimento.

Tutto ciò viene raccontato nel libro, risparmiando dettagli solo quando sono noiosi. Nell'introduzione si spinge a immaginare un mondo dalla sessualità rilassata abbastanza da consentire, dice, lo scambio di riviste di porno fra sconosciuti in treno. Sulla copertina del suo libro, che già ha un titolo piuttosto esplicito, c'è un bianco e nero di nudo femminile che non lascia dubbi sul contenuto erotico. Quando lo leggo in pubblicomi accorgo degli sguardi ora curiosi ora imbarazzati di chi mi circonda; non m'interessa, tanto più che a C*** non mi conosce più nessuno, ma mi sarebbe interessato che la sconosciuta calva mi avesse dedicato uno sguardo differente, che la sua reazione alla scoperta del titolo fosse stata più confacente al mondo descritto nel libro.

Mi piacerebbe un mondo in cui fosse possibile lo scambiarsi non necessariamente riviste porno in treno ma almeno libri erotici al bar; mi sarebbe piaciuto assecondare la curiosità della sconosciuta calva porgendole il libroacciocché leggesse un passaggio a caso e me ne esponesse un giudizio. Mi sarebbe piaciuto dirle di come ho scoperto la letteratura erotica a quattordici anni - un capitolo de Le Undicimila Verghe di Apollinaire inserito in un'antologia estiva allegata a Panorama e letto furtivamente in bagno dopo averla sottratta col fiato corto alla libreria di mio zio, pregando che non se ne accorgesse, non allora, non prima che avessi finito di toccarmi su quelle parole proibite che improvvisamente prendevano forma in carne e inchiostro davanti ai miei occhi increduli di poter leggere "tette", "pompino", "cazzo", "sborra"... Mi sarebbe piaciuto poter continuare a discorrere amabilmente di letteratura libertina dopo essermi abbassato la zip e averlo tirato fuori per mostrarle che il suo sguardo curioso aveva infiammato la mia erezione preparata dall'infinita teoria di orge di Catherine Millet che sorride innocende ed enigmatica, il capo reclinato verso sinistra, in quarta di copertina.

Prima di iniziare a scriverti mi sono coscienziosamente masturbato nel segreto del bagno di questo caffè, pensando a te, alla sconosciuta calva, a Catherine Millet e alla Migliore Amica tutte in attesa del primo schizzo.

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